Parte 1

Ponte tibetano direzione Beni – Mustang

Come allargando o stringendo l’obiettivo della macchina fotografica si fissano particolari o panorami, così io amo periodicamente allontanarmi dalla mia zona di confort del Nord Est per incontrare popoli diversi da me.

In passato ho viaggiato con la mia inseparabile moto “Morini 3 ½ Canguro”, una enduro che mi ha portato anche nel deserto del Sahara; poi ho scelto la “comodità”, trasformandomi in passeggera. Ho quindi cavalcato vari modelli di moto presi in affitto nelle più disparate località del mondo, intervallando la “BMW r80 Gs”, una certezza, che mi ha trasportato anche il giorno del mio matrimonio.

Questa volta mi accompagna la mitica “Royal Enfield”, con 350 cc di cilindrata, una moto inglese che spopola in tutta l’India, e anche oltre confine.

La affittiamo a Katmandù, per muoverci agilmente ed in autonomia tra i luoghi turistici d’obbligo, ma anche per spingerci fino al remoto distretto del Mustang, una isolata regione a nord-est del Paese, situata alle pendici dell’Himmalaya e confinante con il Tibet.

Tempio buddista Swayambhunath noto anche come Tempio delle scimmioe – Kathmandu

Katmandu e la sua Valle, insieme alle altre quattro città imperiali, sono il cuore spirituale e culturale dell’ Himalaya e, nonostante i danni subiti dal terremoto del 2015, i centri storici parzialmente ricostruiti sono dei veri gioielli che invocano il turismo per potersi risollevare.

Durbar Square – Kathmandu

Tantissimi templi sacri e dorati palazzi imperiali, dove il legno intagliato è ovunque un elemento dominante, lasciano senza fiato.

La millenaria cultura buddhista che si intreccia con l’induismo è un affascinante connubio che racconta ovunque del glorioso passato ed è una delle mie principali fascinazioni, insieme allo spettacolo delle solenni montagne nepalesi, sogno di tutti gli amanti della vita all’aria aperta.

Il grande tesoro del Nepal però, non sono solo stupa, Himalaya o safari, ma è la gente: un popolo sorridente e ospitale che non manca mai di salutarti con mani giunte e Namaste , che significa “mi inchino di fronte al divino che è in te”.

Shadu – asceta indu – Muktinath

Con un traffico particolarmente indisciplinato e rumoroso, le strade perennemente sconnesse, pur asfaltate e la guida a sinistra non è semplice spostarsi velocemente o percorrere rilassati neppure le grosse vie di comunicazione.

Il traffico è dovuto soprattutto alle infinite code di pittoreschi camion indiani, ai fuoristrada e ai pulmini che, in tempi biblici, accompagnano i turisti in visita da un’ attrattiva all’altra, o servono la popolazione locale che si sposta per i quotidiani traffici commerciali.

La notevole densità demografica delle città rende qualsiasi tragitto un lento slalom tra le persone e gli animali che con flemma occupano la strada, incuranti del traffico .

Katmandu

La valle che conduce in Mustang incomincia a nord di Pokhara, un rinomato luogo turistico del Nepal per la sua spettacolare posizione geografica che consente, durante le giornate di cielo sereno, di mirare i profili dalle nevi perenni della catena dell’Anapurna (8.091 m.s.l.m.) e del Machhapuchhare(6.993 m.s.l.m.) riflessi nelle placide acque del lago.

Risaie lungo il fiume Trisuli – direzione Pokhara

Lo sapevo che le strade nepalesi fossero dissestate, ma a tal punto proprio non credevo. Man mano ci si allontana dalla Valle di Kathmandu le strade diventano sterrate e si sale sempre più d’ altitudine: continui sobbalzi in sella alla moto necessitano di una guida particolarmente attenta e le ginocchia sono messe a dura prova per evitare che gli ammortizzatori arrivino a fondo corsa.

Il percorso è estremamente sconnesso e la tensione serra la gola per la pericolosità della strada di montagna che si snoda nella valle più profonda al mondo, tra i burroni creati nei secoli dallo scorrere del fiume Kali Gandaki , un affluente del sacro fiume Gange.

La strada si inerpica per valli, altipiani e gole toccando piccoli villaggi costruiti con mattoni di fango essicato o pietre, campi terrazzati per le coltivazioni di colza e monasteri aggrappati alle pareti di roccia.

Valle del Kali Gandaki – direzione Tatopani, Mustang

Il Mustang, il piccolo Tibet, si chiamava Regno di Lo, era un regno proibito, che è stato interdetto al turismo fino al 1992 e, ancor oggi, consente un accesso limitato agli stranieri.

Si trova in una zona remota ed impegnativa, molto suggestiva, popolata da insediamenti abitativi che ancora conservano lingua e cultura tipica, ma il progresso sta inevitabilmente intaccando anche uno degli ultimi luoghi al mondo che erano rimasti intatti. E’ notizia di questi giorni la trattativa tra il Governo Cinese e Nepalese per la costruzione di un tunnel ferroviario sotto l’Everest che congiunga i due Paesi.

La via d’accesso al Mustang è ancora in fase di costruzione : una strada sterrata intagliata nella roccia consente oggi di raggiungere meglio questi luoghi, un tempo segnati invece solo da impervi sentieri. Allora si poteva giungere a questi isolati insediamenti che indicavano la rotta religiosa e commerciale verso il Tibet solo a piedi e dopo molti giorni di cammino.

Direzione Tukuche

Mi emoziona pensare che sono sulle tracce di personaggi incredibili che negli anni ’50 erano riusciti a penetrare sin qui, come l’antropologo Giuseppe Tucci, considerato il fondatore della “tibetologia”, i grandi lama che portarono il buddhismo in Tibet, il naturalista Peter Matthiessen che durante la sua lunga permanenza scrisse un capolavoro della letteratura “Il leopardo delle nevi” o, in tempi più recenti, Connor Grennan che con il suo memorabile “Sette fiori di Senape” narra una storia di cruda realtà infantile.

Bimbo nel villaggio a Ranipauwa

Fondamentale è scegliere il periodo giusto per andare, perchè nella stagione dei monsoni le precipitazioni rendono impraticabili i guadi che spesso si incontrano durante il percorso e il fango sulla strada diventa una vera insidia anche per il guidatore più esperto, a meno che non si decida di caricare lo zaino in spalla e muoversi a piedi.

Il mese di Aprile è indicato come il migliore , anche perchè si può cogliere la spettacolare fioritura dei rododendri che crescono su incredibili picchi di roccia erosi dal vento sulle montagne più alte al mondo.

Kagbeni – Mustang

Più volte ho comunque guadato a piedi i torrenti, immergendomi fino all’inguine nell’acqua per spingere la moto, pur di proseguire e ammirare scenari che non hanno parole. In queste circostanze ho solo rimpianto di non avere avuto sotto al sedere qualche “cavallo motore” in più.

Porta d’entrata villaggio di Marpha

Il villaggio di Marpha con le sue tipiche costruzioni in pietra, sorge riparato dai venti impetuosi della valle sulle pendici di una montagna, ed è il luogo da cui si parte a piedi per raggiungere in 3 giorni il campo base del Dhalaugiri (8.167 m.s.l.m.).

Marpha

Questo villaggio resterà nel mio cuore per la calorosa ospitalità di un monaco buddhista che in un Gompa (monastero tibetano) tra le nuvole, insieme ai suoi alunni, ha condiviso la meditazione intonando il sacro mantra “Om Mani Padme Hum” al suono dei tamburi e dei cimbali trasmettendomi un miracoloso senso di pace.

Piccoli monaci buddisti – Gompa di Marpha

L’ altitudine incomincia a farsi sentire a Kagbeni, che significa “Pietra della sacra unione” (tra le due religioni) e che è la porta d’ingresso per l’ Upper Mustang; la carenza d’ossigeno crea problemi alla carburazione del motore ma, risolti i problemi meccanici si prosegue.

Concediamo all’organismo un po’ di riposo per aiutarlo ad adattarsi gradualmente alla carenza d’ossigeno; oltre alle mascherine che ricoprono naso e bocca per proteggerci dalla polvere alzata dal vento costante e dai pesanti mezzi in transito, anche gli occhi devono essere protetti da occhiali adeguati contro i raggi UV così potenti in alta quota.

Jarkot – Mustang

Circondati da alcune delle cime più alte al mondo si viene a contatto con gente semplice, che vive e lavora in un duro ambiente d’ alta quota, ma con profonda religiosità dalla cultura millenaria.

Può sembrare un paradosso, ma soprattutto nei luoghi desertici, ovunque sia stata, sono sempre incappata in popolazioni generose, capaci di trovare una soluzione, in particolare per qualsiasi guasto meccanico al mezzo. Una ricchezza da apprezzare e a cui essere grata.

Un viaggio autogestito nello sconosciuto si rivela solo compiendolo e la sua bellezza sta proprio in questo perchè ti mette alla prova spingendoti al di fuori delle tue abitudini e certezze, per affrontare e apprezzare l’incognita di ogni giorno.

Il vento incessante fa sventolare le innumerevoli e usuali bandierine di preghiera poste a protezione dei luoghi sacri che si incontrano, e raggiungere Muktinath (3880 m. s.l.m.) è un’emozione unica.

E’ uno dei templi sacri più alti al mondo oltre che un luogo singolare dell’Himalaya per la notevole pregnanza religiosa e meta di pellegrinaggio sia hindu che buddhista, e vale la fatica compiuta per raggiungerlo.

Stupa con Dhalaugiri (8167 m.sl.m.) – Upper Mustang

In questo luogo sono contemporaneamente presenti i quattro elementi naturali “aria, terra, acqua e fuoco” ai quali fanno riferimento tutte le cosmogonie sia d’Oriente che d’Occidente.

L’affluente del Gange che scorre, una sorgente e getti di gas naturale che tiene accesa una fiamma eterna, le montagne più alte del mondo e un paesaggio desertico singolare permeato d’ aria rarefatta:

per un momento dimentico le quotidiane vicessitudini del vivere e trovo un perfetto e ordinato equilibrio della materia nell’ universo.

Che sia stato questo Sangri-Là, il mitico regno descritto da James Hilton nel romanzo “Orizzonte perduto”?

Veduta del Dhalaugiri (8167 m.) dal tempio di Muktinath (3800 m. s.l.m.)
you tube link https://youtu.be/LwZOliJjB3g

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By motorbike to a sacred place on the top of the world . Nepal 2019-Part 1

Just as expanding or tightening the lens of the camera fixes details or panoramas, so I love to periodically move away from my comfort zone of the North East to meet people different from me.
In the past I travelled with my inseparable motorcycle “Morini 3 ½ Kangaroo”, an enduro that took me also to the Sahara desert; then I chose the “comfort”, transforming myself into a passenger. I then ridden various models of motorcycles rented in the most disparate places in the world, interspersing the “BMW 80”, a certainty, which transported me even on my wedding day.
This time I’m accompanied by the legendary “Royal Enfield”, with 350 cc of displacement, an English bike that depopulates all over India, and even across the border.
We rent it in Kathmandu, to move easily and independently among the must-see tourist sites, but also to go as far as the remote district of Mustang, an isolated region in the north-east of the country, located at the foot of the Himalayas and bordering Tibet.

Katmandu and its valley, together with the other four imperial cities, are the spiritual and cultural heart of the Himalayas and, despite the damage suffered by the earthquake of 2015, the historical centers partially rebuilt, are real jewels that invoke tourism to be able to recover.

Many sacred temples and golden imperial palaces, where carved wood is everywhere a dominant element, leave you breathless.
The millenary Buddhist culture that intertwines with Hinduism is a fascinating combination that tells of the glorious past everywhere and is one of my main fascinations, along with the spectacle of the solemn Nepalese mountains, dream of all lovers of outdoor life.
The great treasure of Nepal, however, is not only stupa, Himalaya or safari, but it is the people: a smiling and hospitable people who never fails to greet you with joined hands and Namaste ,which means “I bow before the divine that is in you”.

With a particularly undisciplined and noisy traffic, the roads are always disconnected, even if asphalted, and driving on the left is not easy to move quickly or walk relaxed even on the major roads.
The traffic is mainly due to the endless queues of picturesque Indian trucks, off-road vehicles and minibuses that, in bible times, accompany tourists visiting from one attraction to another, or serve the local population that moves for daily commercial traffic.
The considerable population density of the cities makes any journey a slow slalom between people and animals that with phlegm occupy the road, heedless of the traffic.

The valley leading to Mustang begins north of Pokhara, a renowned tourist resort in Nepal for its spectacular geographical position that allows, during the days of clear skies, to aim at the profiles of the perennial snows of the Anapurna chain (8,091 m.a.s.l.) and the Machhapuchhare (6,993 m.a.s.l.) reflected in the calm waters of the lake.

I knew the Nepalese streets were bumpy, but I just didn’t think so much. As you move away from the Kathmandu Valley, the roads become dirt roads and you climb more and more at an altitude: continuous jerks on the bike require a particularly careful driving and the knees are put to the test to prevent the shock absorbers from reaching the end of the race.
The route is extremely bumpy and the tension tightens the throat for the danger of the mountain road that winds in the deepest valley in the world, among the ravines created over the centuries by the flow of the river Kali Gandaki, a tributary of the sacred river Ganges.
The road climbs through valleys, plateaus and gorges, touching small villages built of dried mud bricks or stones, terraced fields for rapeseed cultivation and monasteries clinging to the rock faces.

Mustang, the little Tibet, was called the Kingdom of Lo, it was a forbidden kingdom, which was banned from tourism until 1992 and, even today, allows limited access to foreigners.
It is located in a remote and challenging area, very picturesque, populated by settlements that still retain the language and culture, but progress is inevitably affecting even one of the last places in the world that had remained intact. It is news of these days the negotiation between the Chinese Government and Nepalese for the construction of a railway tunnel under Everest that connects the two countries.

The access road to Mustang is still under construction: a dirt road carved into the rock now allows you to better reach these impervious places, once marked only by impervious paths. At that time, these isolated settlements that indicated the religious and commercial route to Tibet could only be reached on foot and after many days of walking.

It excites me to think that they are on the trail of incredible characters who in the 50s had managed to penetrate so far, such as the anthropologist Giuseppe Tucci, considered the founder of “tibetology”, the great llamas who brought Buddhism to Tibet, the naturalist Peter Matthiessen who during his long stay wrote a masterpiece of literature “The snow leopard” or, in more recent times, Connor Grennan who with his memorable “Seven flowers of mustard” tells a story of raw childhood reality.
Village of Ranipauwa

It is essential to choose the right time to go, because in the monsoon season the rainfall makes impassable the fords that are often encountered during the journey and the mud on the road becomes a real trap even for the most experienced driver, unless you decide to load the backpack on your shoulder and move on foot.
The month of April is indicated as the best, also because you can catch the spectacular flowering of the rhododendrons that grow on incredible peaks of rock eroded by the wind on the highest mountains in the world.

Several times, however, I forded the streams on foot, plunging into the groin in the water to push the bike, in order to continue and admire scenarios that have no words. In these circumstances I only regret not having had a few more “horse engines” under my ass.

The village of Marpha, with its typical stone buildings, stands sheltered from the impetuous winds of the valley on the slopes of a mountain, and is the place from where you start walking to reach in 3 days the base camp of Dhalaugiri (8,167 m.a.s.l.).

This village will remain in my heart for the warm hospitality of a Buddhist monk who in a Gompa (Tibetan monastery) in the clouds, together with his students, shared the meditation singing the sacred mantra “Om Mani Padme Hum” to the sound of drums and cymbals giving me a miraculous sense of peace.

The altitude begins to be felt in Kagbeni, which means “Stone of the sacred union” (between the two religions) and that it is the entrance door to the Upper Mustang; the lack of oxygen creates problems to the carburation of the engine but, solved the mechanical problems it continues.
We give the body a bit of rest to help it gradually adapt to the lack of oxygen; in addition to the masks that cover the nose and mouth to protect us from dust raised by the constant wind and heavy vehicles in transit, even the eyes must be protected by appropriate glasses against UV rays so powerful at high altitude.

Surrounded by some of the highest peaks in the world you come into contact with simple people, who live and work in a harsh environment of high altitude, but with deep religiousness from ancient culture.

It may seem a paradox, but especially in desert places, wherever it has been, I have always stumbled upon generous populations, capable of finding a solution, particularly for any mechanical failure of the vehicle. A wealth to appreciate and be grateful to.
A self-managed journey in the unknown is revealed only by accomplishing it and its beauty lies precisely in this because it puts you to the test pushing you out of your “confort zone”, to face and appreciate the unknown of every day.
The incessant wind makes you wave the countless and usual prayer flags placed to protect the sacred places that you meet, and reach Muktinath (3880 m. a.s.l.) is a unique emotion.
It is one of the highest sacred temples in the world as well as a unique place in the Himalayas for its remarkable religious significance and pilgrimage destination both Hindu and Buddhist, and is worth the effort to reach it.

In this place are simultaneously present the four natural elements “air, earth, water and fire” to which all cosmogonies of both East and West refer.
The flowing tributary of the Ganges, a spring and jets of natural gas that keep an eternal flame burning, the highest mountains in the world and a unique desert landscape permeated with rarefied air:
for a moment I forget the daily vicissitudes of living and find a perfect and orderly balance of matter in the universe.

That it was this Sangri-Là, the mythical kingdom described by James Hilton in the novel “Lost Horizon”?