Un tempo, nelle piccole comunità contadine friulane, il lieve tepore creato dalle mucche nella stalla, rendeva confortevole l’aggregazione serale durante l’inverno.

Spesso, al lume di una lampada a petrolio, le donne di casa sferruzzavano; c’erano sempre indumenti da rammendare o la lana da filare e l’ozio non era contemplato.

Gli uomini, rientrati dalla stagione dell’emigrazione, si ingegnavano con sapienza nella pratica dell’intreccio di vimini o nella riparazione degli oggetti da lavoro.

Costruire la gerla friulana, che consentiva il trasporto di qualsiasi tipo di merce sulle spalle, era fondamentale per l’andamento della vita domestica in montagna, ma non mancavano cesti e cestini di ogni utilità.

Grazie all’esperienza ed alla bravura, soprattutto nel reperire la materia prima, sapevano realizzare anche cesti capaci di trattenere l’acqua.

A partire dalla primavera poi, era compito delle donne caricare sui carretti questi manufatti e partire a piedi, spesso fino in pianura, per la loro vendita o il baratto, soprattutto con il mais.

I vecchi spesso intonavano i canti a rallegrare la fine del giorno, rivelavano le loro esperienze o si cimentavano nella Briscola, un diffuso gioco delle carte, mentre i numerosi bambini crescevano sotto l’occhio vigile di famiglie allargate.

La stalla era un luogo frequentato anche dai giovani perchè permetteva di allungare l’occhio sulle belle ragazze da marito, spesso chine su lavori a maglia e occhieggianti all’amore.

Se una di queste indossava alla vita il “Clucjet” o “Gujet”, era chiaro il messaggio che era già promessa in sposa.

Quest’ oggetto infatti, era il primo regalo che un ragazzo faceva alla ragazza prescelta, come pegno d’amore e suggello di fidanzamento.

In genere era di ottone o legno, a forma di cuore bombato dalla punta ricurva, con un buchetto per inserire il quarto ferro durante la lavorazione dei calzini, ed era unito ad una cordicella necessaria per allacciarlo al girovita.

Incisioni e disegni erano spesso frutto della fantasia del pretendente e servivano a renderlo esteticamente più piacevole; spesso era decorato con le iniziali delle lettere degli innamorati o della fanciulla.

Clucjet o Gujet della nonna

La punta arcuata del cuore aveva l’ utile funzione di sostenere la parte posteriore del ferro, in modo da evitare il supporto del braccio, secondo la tecnica tradizionale dell’ arte della lavorazione a maglia.

Ciò facilitava il lavoro perchè in caso di altre incombenze, la maglia poteva essere trattenuta da una sola mano e anche durante il cammino era più semplice sferruzzare.

In sua assenza si ovviava con la cintura del grembiule, che le donne friulane indossavano sempre, ad eccezione dei giorni di festa.

Un oggetto simile, chiamato “maakin belt” era presente anche nel Regno Unito ed era d’uso comune dalle magliaie inglesi, risaputamente abili lavoratrici di cashemere.

E’ un oggetto desueto dell’artigianato friulano, simbolo della civiltà contadina del passato, e che oggi viene riproposto soprattutto in gioielli , biscotti o lavori creativi.

(Il Mulino Bottega artigianato – photo credits)

Lo conservo con affetto perchè fu regalato dal nonno alla nonna materna, è tutt’oggi in uso da mia madre e racconta di chilometri di lana lavorata con amore ed estro per tutti i componenti della mia famiglia.

Il lavoro a maglia con i ferri

Che non sia il caso che impari seriamente a sferruzzare anch’io?

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A meaningful gift of Friulian craftsmanship

Once upon a time, in the small Friulian farming communities, the gentle warmth created by the cows in the stable made winter evening gatherings comfortable.

By the light of an oil lamp, the women of the house often knitted. There were always clothes to mend or wool to spin and idleness was not contemplated.

Men, back home from the emigration season, were cleverly engaged in the practice of weaving wicker or repairing work tools.

The construction of the Friulian basket, which allowed any type of goods to be carried on the shoulders, was fundamental to the running of domestic life in the mountains and there was no lack of baskets of all kinds.

Thanks to their experience and know-how, especially in finding raw materials, they were also able to make baskets capable of retaining water.

From Spring onwards, the women’s job was loading the baskets onto carts and set off on foot, often as far as the plains, to sell them or to barter, especially for corn.

The old people often sang songs to cheer up the end of the day, revealed their experiences or tried their hand at Briscola, a popular card game, while the numerous children grew up under the watchful eye of extended families.

The stable was also a place frequented by young people because it allowed them to catch a glimpse of beautiful girls for marriage, often bent over knitting and gazing at love.

If one of them wore the “clucjet” or “Gujet” around her waist, it was a clear message that she was already betrothed.

This object was in fact the first gift a boy gave to a chosen girl, as a pledge of love and a seal of engagement.

It was usually made of brass or wood, in the shape of a rounded heart with a curved tip, with a small hole to insert the fourth knitting needle during the making of socks, and it was joined to a string needed to fasten it to the waist.

Engravings and design were often the result of the suitor’s imagination and made the “clucjet” more aesthetically pleasing. Tt was often decorated with the lovers’ initials or the girl’s ones.

The curved tip of the heart had the useful function of supporting the back of the iron, so as to avoid supporting the arm, according to the traditional knitting technique.

This facilitated the work because in case of other tasks, the knitting could be held by one hand only and it was easier to knit even while walking.

In its absence, the apron belt was used, which the women of Friuli always wore, except on festive days.

A similar object, called ‘maakin belt’, could be found in the United Kingdom as well and it was commonly used by English knitters, who were known to be skilled cashmere workers.

It is an obsolete object of Friulian craftsmanship, a symbol of the peasant civilisation of the past, and which today is revisited above all in jewellery, biscuits or creative work.

I keep it with affection because it was given by my grandfather to my maternal grandmother, my mother still uses it and it tells of kilometres of wool knitted with love and creativity for all the members of my family.

Is it not time for me to seriously learn to knit too?

(Translated by Marta De Rosa)