Una singolare esperienza a Clauzetto

Per la celebrazione imperitura del compimento di 82 anni di mamma ho piantato con lei nel mio prato un albero: non uno qualsiasi, ma un melo antico della specie “Zeuca di Castelnovo 1”.

Oltre al forte significato simbolico personale, rappresenta anche una operazione di pura cultura contadina volta a preservare un patrimonio locale, proteggere una specie locale e tramandarla nel tempo.

Forse nel passato i temi ambientali venivano affrontati con meno “sensibilità” perchè il contatto con la natura era più scontato. Oggi la tutela del pianeta e della società stanno diventando temi centrali della cultura: io ci credo e voglio contribuire positivamente.

Devo il merito al proprietario del frutteto, al tecnico della ditta “Sapori dimenticati” di Fanna e all’Associazione “Antica Pieve d’Asio ” se mi sono incuriosita al melo antico e alla storia che lega questi alberi al territorio: l’esperienza di potatura, innesto e piantumazione degli alberi mi ha coinvolta e incuriosita, tanto da passare direttamente all’azione.

Rispettando il calendario biodinamico che prevede la potatura degli alberi da frutta durante la luna calante di febbraio, abbiamo rivissuto antiche pratiche e appreso preziosi saperi contadini.

E’ stata potata anche una pianta di vite autoctona “Bacò” attraverso la legatura dei tralci con i tradizionali rametti di salice, ovviamente molto più belli da vedere dell’ onnipresente plastica!

Il melo antico è centenario, resiste bene alle temperature e sviluppa un profondo apparato radicale che permette l’autonoma nutrizione della pianta dal terreno, senza l’ausilio di fertilizzanti, con la conseguente produzione di frutti molto saporiti. Si sviluppa molti metri in altezza se non adeguatamente potato e necessita di una distanza da altri alberi di circa 5 metri.

La Val Cosa, dove per secoli regnarono i Savorgnan fedelissimi a Venezia, fungeva da luogo privilegiato di rifornimento per le migliori qualità di frutta; il luogo era vocato sin dai tempi antichi alla coltivazione della vite, che un tempo non era coltivata disposta a filari come oggi, ma era piantata isolata, al massimo due a due, e accompagnata ad un tutore verde di pioppo o acero oppio, allevato a capitozza, che poi veniva utilizzato per la costruzione degli strumenti da lavoro come i pali per le vanghe.

Sul mercato veneto le mele erano particolarmente apprezzate perchè potevano essere imbarcate sulle navi come provviste serbevoli per l’alimentazione degli equipaggi sempre a rischio di contrarre lo scorbuto.

Sui colli della pedemontana friulana, vuoi per le caratteristiche del terreno, vuoi per i declivi assolati, vuoi per le buone pratiche, crescevano rigogliose eccellenti varietà e specie di mele, pere, prugne, albicocche, fichi, susine, amoli, uva, mirtilli, lamponi, more, pesche, ciliegie, castagne e nespole. Le qualità di mele antiche più saporite e pregiate erano: canada, ruggine e verde, rosa mantovana, renetes, da la rosa, milanès, di San Pieri, dal vueli, zeuca, calemans, di corona.

La località Vigna, di Castelnovo del Friuli è un toponimo che parla da sé.

Anche dopo la scomparsa della Serenissima (1797) e dell’ astro napoleonico (1815) la gente del luogo continuò a coltivare la terra, ma i meli presero sempre più piede a causa delle malattie di viti e gelsi.

Sin dopo la Seconda Guerra Mondiale alcune donne castellane, chiamate “rivindicules” frequentavano i mercati settimanali della zona per vendere i pregiati frutti della Valle e con il ricavato spesso acquistavano generi di prima necessità come sale, zucchero, tele, filo e bottoni.

Da una cronaca del 1914 sul quotidiano Il Resto del Carlino di Bologna:

Pochi sanno che Clauzetto è uno dei paesi meglio quotati pel commercio della frutta. In autunno le sue selve di pomari auliscono intorno con un profumo di orto orientale… in primavera è tutta una neve odorante che fiorisce per ettari ed ettari quadrati e quando il frutto lega tutta la terra diventa un tappeto d’ermellino…Clauzetto spedisce via ogni anno centinaia di vagoni di magnifiche mele e di ammirabili pere”

Oggi il bosco ha sostituito gran parte di quei frutteti e le competenze tecniche dei nostri vecchi sono cadute pian piano nell’oblio, ma quasi come un gene del DNA che si manifesta nelle generazioni successive, in una zona di circa quattro ettari, nel centro di Clauzetto, nella zona del “Pucìt”, (un antico lavatoio a servizio di parte degli abitanti), da tre anni è stato realizzato un nuovo impianto di circa n.30 alberi da frutta antichi, con l’obiettivo di riportare l’area alla sua originaria funzione e bellezza paesaggistica.

In questa zona, dopo la prima guerra mondiale, il Genio Civile aveva provveduto a costruire una sapiente rete di canali per lo scorrimento delle acque nel terreno, per salvaguardare il paese arroccato su terreni costituiti da marne e arenarie.

L’opera recuperata è oggi ben visibile all’interno del frutteto prima dell’ultimo tornante, sulla destra, a ridosso dell’abitato di Clauzetto.

Ulteriori bellezze da osservare in occasione di una piacevole gita fuori porta sostando nel paese chiamato “Balcone del Friuli”.

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Why plant an ancient apple tree, symbol of Cosa Valley

A unique experience in Clauzetto

For the everlasting celebration of my mother’s 82nd birthday I planted a tree with her in my lawn: not just any tree, but an ancient apple tree of the species “Zeuca di Castelnovo 1”.
Besides its strong personal symbolic meaning, it also represents an operation of pure peasant culture aimed at preserving a local heritage, protecting a local species and handing it down over time.
Perhaps in the past environmental issues were approached with less “sensitivity” because the contact with nature was more obvious. Today the protection of the planet and society are becoming central themes of culture: I believe it and I want to contribute positively.
I owe the merit to the owner of the orchard, to the technician of the company “Sapori dimenticati” of Fanna and to the Association “Antica Pieve d’Asio” if I was curious about the ancient apple tree and the history that links these trees to the territory: the experience of pruning, grafting and planting the trees involved me and made me curious, so much so that I went directly to action.
Respecting the biodynamic calendar that provides for the pruning of fruit trees during the waning moon of February, we have relived ancient practices and learned valuable peasant knowledge.
We have also pruned an autochthonous vine plant “Bacò” through the binding of the shoots with traditional willow branches, obviously much more beautiful to see than the ubiquitous plastic!
The ancient apple tree is centenarian, it resists well to temperatures and develops a deep root system that allows the plant to nourish itself from the soil, without the help of fertilizers, with the consequent production of very tasty fruits. It develops many metres in height if not adequately pruned and needs a distance from other trees of about 5 metres.

The Val Cosa, where for centuries the Savorgnan reigned, loyal to Venice, served as a privileged place of supply for the best qualities of fruit; the place was suited since ancient times to the cultivation of the vine, which once was not cultivated in rows as it is today, but was planted in isolation, at most two by two, and accompanied by a green poplar or opium maple brace, bred in capitozza, which was then used for the construction of work tools such as poles for spades.
On the Veneto market, apples were particularly appreciated because they could be taken on board ships as provisions to feed the crews always at risk of scurvy.
On the hills of the Friulian foothills, due to the characteristics of the soil, the unusual slopes and good practices, there were excellent varieties and species of apples, pears, plums, apricots, figs, plums, amolis, grapes, blueberries, raspberries, blackberries, peaches, cherries, chestnuts and medlars. The tastiest and most valuable ancient apples were: canada rust and green, mantuan rose, renetes, da la rosa, milanès, di San Pieri, dal vueli, zeuca, calemans, di corona.
Vigna, in Castelnovo del Friuli, is a place name that speaks for itself.
Even after the disappearance of the Serenissima (1797) and the Napoleonic period (1815), the local people continued to cultivate the land, but the apple trees became more and more popular due to vine and mulberry tree diseases.
Until after the Second World War some local women , called “rivindicules”, frequented the weekly markets of the area to sell the precious fruits of the Valley and with the proceeds they often bought basic necessities such as salt, sugar, canvas, thread and buttons.
From a chronicle of 1914 in the newspaper Il Resto del Carlino of Bologna:
Few people know that Clauzetto is one of the best quoted countries for the fruit trade. In autumn its woods of pomari grow around it with a scent of oriental vegetable garden… in spring it is all a fragrant snow that blooms for hectares and square hectares and when the fruit binds all the land it becomes a carpet of ermine… Clauzetto sends away every year hundreds of wagons of magnificent apples and admirable pears”.
Today the forest has replaced most of those orchards and the technical skills of our old ones have slowly fallen into oblivion, but almost like a DNA gene that manifests itself in subsequent generations, in an area of about four hectares, in the center of Clauzetto, in the area of “Pucìt”, (an old washhouse serving part of the inhabitants), for three years a new planting of about n.30 old fruit trees has been built, with the aim of bringing the area back to its original function and scenic beauty.
In this area, after the First World War, the Civil Engineers had built a skilful network of canals for the flow of water in the ground, to safeguard the village perched on land consisting of marl and sandstone.
The recovered work is now clearly visible inside the orchard before the last hairpin bend, on the right, close to the village of Clauzetto.

Further beauties to observe during a pleasant trip out of town stopping in the village called “Balcone del Friuli”.