Nella pedemontana occidentale friulana la tradizione perdura
La tradizione del mangiare “di magro” durante la Feria Quarta inerum, cioè il Mercoledì delle Ceneri, trae origine dalle affermazioni a sostegno della dottrina cattolica in risposta alla diffusione del Calvinismo e Luteranesimo, prodotte dal Concilio Vaticano di Trento: il merluzzo viene menzionato per la prima volta nel 1561 nei menù dei Cardinali come “pesce stofìs”.
L’astensione prevedeva di non mangiare carni, dolci e grassi e secondo la tradizione popolare, per “carni” si intendevano quelle degli animali presenti sull’arca di Noè.
Per i friulani iniziava quindi il “periodo della Renga” quando aringa e baccalà, due pesci d’uso comune, consentivano di rispettare il precetto.
In passato la gente friulana, anche in tempi di grande povertà, rispettava pedissequamente la tradizione e si narra che un’unica aringa affumicata venisse appesa al centro della tavola per tutta la famiglia, in modo che ciascuno potesse insaporire la propria fetta di polenta.
La minestra di soli fagioli senza pestàt (lardo battuto con erbe aromatiche e sale), zuppe varie con asparagi o piselli, rane e sardelle, tutto accompagnato dall’immancabile polenta e radicchio, permettevano di variare la misera scelta quotidiana.
Anche i bigoli in salsa d’acciughe con cipolla fresca erano permessi, ma si trattava di un cibo riservato ai benestanti.
Le aringhe più pregiate erano quelle conservate in barili di legno sotto sale, ma erano diffuse anche quelle affumicate dal colore dorato o argenteo. Due le forme di conservazione del merluzzo: lo stoccafisso, essicato all’aria aperta e il baccalà, messo sotto sale.
I profiqui commerci della “Serenissima” che tra il IX e XV secolo aveva il monopolio delle spezie in Europa , consentirono l’arrivo di pesci essicati anche nel povero territorio friulano, ma solo nel 1600 si diffuse la voce stoccafisso nei tariffari dei dazi o nelle spese dei monasteri. Dal Mediterraneo partivano vino, legumi e stoffe e i Paesi Baltici fornivano pelli e stoccafissi: un vantaggioso scambio commerciale.
Un tempo validi alleati per la preparazione del baccalà erano i mulini dove, con uno specifico attrezzo chiamato “peston” si batteva questo pesce legnoso e stopposo dopo che era stato in ammollo dalla sera prima nella roggia che alimentava le pale.
La battitura era un’operazione assordante e corrente era il rischio di rimetterci le dita della mano.
La pezzatura piccola dei baccalà era di 25 cm., la media il doppio e la grande, che era la più pregiata – la qualità Ragno-, arrivava al metro.
Questi alimenti un tempo poveri, sono diventati ricercati e costosi e ancora oggi in varie zone del Friuli vige la tradizione di andare per osterie soprattutto il giorno delle Ceneri a mangiare aringhe e baccalà.
Nella pedemontana occidentale, nella frazione di Istrago di Spilimbergo, città del mosaico, un’osteria dallo spirito d’antan, attiva sin dal 1928 (lo testimonia un’ordinanza con tale data che vieta i giochi proibiti, come la mora), rinnova ogni anno questo rito offrendo i tradizionali piatti di aringhe e baccalà, rispettando antichi saperi tramandati di generazione in generazione.
La preparazione delle tradizionali aringhe sottende un attento lavorìo di asciugatura su apposite griglie, dissalazione e cottura che si protrae per oltre 10 giorni.
Romeo “Gala”, uno dei primi gestori della trattoria, propose la tradizionale aringa tra i suoi piatti e da allora anche dopo l’acquisto del locale nel 1971 da parte della famiglia Pietrella , l’usanza viene perpetuata rispettando l’antica segreta ricetta.
Solo il motto della “nonna Gina” è possibile conoscere : “Par fa un bon bacalà bisugne falu bati da un mat e cuincià da un vuarb” (Per fare un buon baccalà bisogna farlo battere da un pazzo e condire da un cieco).
Ma la trattoria “Agli Amici” di Istrago è rinomata per la certezza di gustare durante tutti i giorni dell’anno l’ottimo baccalà, proposto nelle varianti “in umido alla vicentina”, “mantecato alla veneziana” , “Fritto” e “in insalata, col radicchio di Treviso”
Ai nostri giorni la “festa della Renga” rappresenta un modo intelligente di rispettare e perpetuare la tradizione nel territorio friulano.
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The tradition of eating “di magro” during the Feria Quarta inerum, that is Ash Wednesday, originates from the affirmations in support of Catholic doctrine in response to the spread of Calvinism and Lutheranism, produced by the Vatican Council of Trent: cod is mentioned for the first time in 1561 in the menus of the Cardinals as “fish stofìs”.
The abstention was not to eat meat, sweets and fats and according to popular tradition, “meat” meant those of the animals present on Noah’s ark.
For the Friulians, therefore, the “Renga period” began when herring and cod, two commonly used fish, allowed the precept to be respected.
In the past the people of Friuli, even in times of great poverty, respected the tradition and it is said that a single smoked harangue was hung in the middle of the table for the whole family, so that everyone could taste their own slice of polenta.
The soup of only beans without pestàt (lard beaten with aromatic herbs and salt), various soups with asparagus or peas, frogs and pilchards, all accompanied by the inevitable polenta and radicchio, allowed to vary the miserable daily choice.
Even bigoli in anchovy sauce with fresh onion were allowed, but it was a food reserved for the well-off.
The most prized herrings were those preserved in wooden barrels in salt, but smoked herrings with a golden or silvery colour were also common. There were two forms of conservation of cod: the stockfish, dried in the open air and the baccalà, salted.
The prolific trade of the “Serenissima” which, between the IX and XV centuries, had the monopoly of the spices in Europe, allowed the arrival of dried fish also in the poor Friulian territory, but only in 1600, the item stockfish was spread in the tariffs of the duties or in the expenses of the monasteries. Wine, legumes and fabrics left from the Mediterranean and the Baltic countries supplied skins and stockfish: an advantageous commercial exchange.
Once valid allies for the preparation of the baccalà were the mills where, with a specific tool called “peston” this woody and stubborn fish was beaten after it had been soaking the night before in the ditch that fed the shovels. The beating was a deafening operation and current was the risk of putting your fingers back into it.
The small size of the codfish was 25 cm., the average was twice as large and the large, which was the most valuable, the quality “Spider”, arrived by the meter.
These foods once poor, have become sought after and expensive and still today in various areas of Friuli there is the tradition of going to taverns especially on Ash Wednesday to eat herring and cod.
In the western foothills, in the hamlet of Istrago di Spilimbergo, the town of mosaics, a tavern with an old-fashioned spirit, active since 1928 (this is testified by an ordinance with such a date prohibiting forbidden games, such as blackberry), renews this ritual every year offering traditional herring and cod dishes, respecting ancient knowledge handed down from generation to generation.
The preparation of traditional herring involves careful drying on special grills, desalination and cooking for over 10 days.
Romeo “Gala”, one of the first managers of the restaurant, proposed the traditional herring among his dishes and since then, even after the purchase in 1971 of the Pietrella family, the ancient custom is perpetuated respecting the ancient secret recipe.
Only the motto of “grandmother Gina” can be known: “Par fa un bon bacalà bisugne falu bati da un mat and cuincià da un vuarb” (To make a good baccalà you have to have it beaten by a madman and seasoned by a blind man).
The trattoria “Agli Amici” in Istrago is renowned for the certainty of tasting the excellent cod all year round, in the “stewed Vicenza style” and “Venetian style” versions. , “Fritto” and “in salad, with radicchio di Treviso”.
Nowadays the “Renga Festival” represents an intelligent way of respecting and perpetuating the tradition of the Friulian territory.
02/03/2020 alle 12:27 pm
MAGARI!!!! Nonostante il nostro dolore. Un articolo molto interessante per me. Non trovo la mamma, forse nel rifugio di Almadis per le malattie? Scherzo dai… Henk ed Ilda
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02/03/2020 alle 1:07 pm
Un bellissimo racconto, grazie Marina, saluti Henk ed Ilda
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02/03/2020 alle 2:16 pm
Ciao Ilda, grazie per il commento. La mamma ieri si è ricoverata in ospedale per un leggero malore, quindi è meglio fare tutti i controlli….
Cari saluti a tutti
23/03/2020 alle 2:19 pm
Ciao Ilda, come state?