Irene Pellegrini è ospite di MarinaSpili
“Fino ai trent’anni la mia conoscenza del Friuli Venezia Giulia era limitata alle gite in montagna con il CAI, ai picnic di Ferragosto sul Tagliamento o sull’ Arzino, alle visite ai parenti a Osoppo, Meduno o Trieste o alle ricche palestre della Bassa per le partite di pallavolo. Col tempo ho imparato a seguire suggestioni letterarie, i profumi dell’ignoto, o anche solo la possibilità di fare il bagno nei fiumi o nel mare, per scoprire dove portano le strade del Friuli.
Quest’anno ho cucito assieme tanti anni di gitarelle di un giorno, organizzando un giro in moto che toccasse l’intera cintura delle Alpi Carniche e Giulie, da cui scendono i bellissimi torrenti e i fiumi che nutrono la nostra regione.
Non molti chilometri, 500 circa, per dosare bene le forze e trovare il tempo di godere della strada e del paesaggio. Cinque giorni, con una pausa in mezzo per un’escursione in montagna.
Giorno 1
La Val Meduna ci accoglie con i sorrisi e i saluti della gente e ci porta in un baleno alle prime rampe del Rest. Nel Rest trovo una incongruenza tra l’ impegno richiesto nelle ardite rampe senza barriere e la pochezza del passo, con panorama chiuso e nulla più. Ci si rifà con la vista e i colori del Tagliamento a Ponte Caprizzi, lo spettacolo di un fiume unico che tutti, giustamente celebrano.
La salita al Passo Pura è invece sinonimo di felicità, rampe dolci e graduali, curve agevoli, dove la mia “motina” dà il meglio di sé, grata alle genti antiche che avevano scritto questo passaggio a valle dall’oasi di Sauris. Emozionante anche il passaggio sulla diga della Maina che appare come un funambolico esercizio dopo l’uscita della buia galleria scavata dalla SADE. Bella Sauris, bellissima tra i prati e il lago. Piace a tutti, anzi a troppi…. Curve e ancora curve portano a Casera Razzo, già in Veneto, dove il locale comitato festeggiamenti si è attrezzato per un fornitissimo chiosco di polenta socchievina, griglia e porcini. La solitaria strada della val Pesarina è un piacere continuo di tanti chilometri, ecco perchè tanti ci vengono a sgommare d’inverno!
La motina sul Pesariis
Si deve entrare in Carnia in punta di piedi, sapendo di accostarsi a un mondo speciale, fatto di donne al comando, precisione, affidabilità, cura del territorio. Un solo pomeriggio basta per assaggiarne la qualità vera e speciale. Il Museo dell’Orologeria, Casa Bruseschi, l’agriturismo “Sot la Napa”, la giovane signora in pinocchietti e reggiseno sportivo che accatasta legna a mani nude con piglio da uomo, lo storico edificio “Casa del Popolo”, sede degli anarchici di Carnia (oggi b&b), tutti parlano la stessa lingua: tradizione, lavoro, gioventù, qualità.
Giorno 2
Affrontiamo quasi subito lo Zoncolan con lo spirito dell’ ”aiuto aiuto”, ma il terrore che incute la salita al Kaiser è indotto quasi solo dalle tante citazioni letterarie appese sulle case o dal un gruppetto di anziani seduti sulle seggiole all’imbocco della straduccia del versante nord (forse un tempo strada di servizio minore per le malghe) che sembrano contare beffardi i ciclisti che fanno segno della croce prima di salire. La strada sale stretta stretta ma protetta da muriccioli compatti che lasciano agio di contemplare il panorama del Canale di Gorto, che sprizza attività e vita. La discesa fino a Sutrio è bellissima! Ampia, facile e panoramica. Sosta alla stazione di servizio sul But dove un giovane benzinaio con piercing alla mia domanda preoccupata: Pioverà? risponde sicuro “Pomeriggio” E si prende per Paluzza salendo i meravigliosi cavatappi della Val Pontaiba sopra Ligosullo e poi ancora in discesa tra i boschi a nord del Canal di Incarojo fino a Paularo. La sosta al Bar Italia in piazza chiama uno spritz che viene servito con una fettina di anguria da una indaffaratissima cameriera con piercing tra lo scampanio del mezzogiorno e lo scrosciare del Chiarzò.
Prendiamo a nord la strada comunale verso Casera Ramaz, incuranti delle segnalazioni di “strada dissestata”.
E’ questa infatti la strada che ha richiamato la mia curiosità sulla cartina geografica, l’unica strada che permette il valico dalla Carnia al Canal del Ferro. E’ davvero una strada dissestata nella prima parte lungo le forre del Chiarzò con buche e sterratini, ma abbastanza in piano tutt’attorno al bel monte Zermula, tra i boschi fino al Passo Cason di Lanza. Anche qui la sosta pranzo è di grande soddisfazione: birretta, frico, pulizia e…cameriera con piercing.
La discesa verso Pontebba è pericolosa al di là delle aspettative. Strada ripida, stretta con tornanti incisivi e tratti sterrati che ci impongono di frenare con i piedi, e ancora buche fino all’incontro con il torrente Pontebba che corre allegro a segnare l’antico confine italiano. La nostra meta è Bagni di Lusnizza, dove le nostre nonne facevano la cura dell’acqua Pudia.
Giorno 3
Lo storico Albergo all’Orso è gestito da mamma figlia e zio con una precisione e una professionalità infermieristica, con orto proprio, attenzione per i mezzi (tettoia comodissima), ma orari ferrei per pranzo, cena, colazione. Molti sorrisi e niente chiacchiere in più. Cibo casalingo ottimo vino della casa. La giornata, dedicata alla valle che si apre come una porta spalancata verso est, ci porta alla pittoresca medievale Malborghetto, alla più pacata Ugovizza, alla placida, verdeggiante e soleggiata Camporosso, alla magica val Saisera e, a piedi, al rifuglio Grego, sotto la scintillante vetta dello Jof di Montasio e in mezzo alla storica e immensa foresta di Tarvisio.
Poi più su, ai laghi di Fusine (4 € l’ingresso e parcheggio ai laghi per le moto), uno spettacolo che toglie il fiato.
Tarvisio è luogo speciale per posizione, non tanto per l’abitato urbano che ricorda, dall’alto della via Romana a Coccau, un budello intrecciato di autostrada, statale, fiume Slizza, ferrovia, ciclovie e che profuma già di oriente, di Mar Nero e di suq (Mercato a Tarvisio bassa). E’ un luogo speciale perchè già i Romani vi avevano costruito due strade: la via Romana, che a nord dell’abitato porta a Coccau e alle genti del nord in Austria, e la strada della Val Romana oltre la Slizza che in una gran bell’andare in moto ti porta al confine delle genti slave a Ratece. La colonna triangolare della Trinità, ora usata con nonchalance dalle signore come luogo di ritrovo in centro a Tarvisio, ricorda questa speciale natura, anche linguistica, della località.
C’è molto traffico sulla provinciale di Cave del Predil: grosse stradali tedesche e rumorose custom italiane si inerpicano chiedendo strada alla mia motina, scortata dalla più solida Bonneville, facendo gara a chi arriva prima sul Mangart. Ho fatto la salita come quei miei bravi allievi che eseguono ugualmente gli esercizi di inglese pensandoli in italiano e traducendoli in inglese, seguendo troppo pedissequamente le indicazioni del maestro e non divertendosi per nulla. Nove chilometri di curve strette, sterratini, gallerie buie e bagnate, ciclisti senza luci, Hell’s Angels strombazzanti, nessuna protezione o panorama (c’era panorama?!). Una volta in cima, neanche un grappino per consolarsi.
Poi giù di nuovo correndo felici verso l’Isonzo e la bella val Trenta, preda di turisti con decappottabili d’antan, coppie ageé e prezzi da Cortina d’Ampezzo. Ma… minaccia pioggia e prendiamo velocemente la deviazione per Uccea saltando la piacevole Plezzo e la sua bella piazza tinta di rosa. E nella pur bella strada dei Musi, per rientrare in Italia acqua, acqua, acqua e non uno slargo per coprirsi e vestire le tute. Arriviamo bagnati dopo centinaia di interminabili curve lungo il Torre a Monteaperta di Taipana.
Qui è la locanda dell’Orso ad accoglierci facendoci posto nel sottotetto per le nostre povere cose bagnate. La titolare, che gestisce l’agriturismo noto in tutta la regione per la carne di orso (!) ci fa notare che non c’è niente di straordinario in tutta quella pioggia. Siamo sui Musi, il luogo più piovoso d’Italia.
Qui, a cena, alla mia domanda preoccupata “Pioverà domani?” il figlio ventenne risponde che dovrebbe informarsi con l’Altissimo.
Giorno 5
Anche Monteaperta, famosa un tempo per le “Tigri” che tiravano la fune, guarda se stessa: ecco perchè è chiamata la piccola Cortina. Si sviluppa su tre chilometri lungo il fianco del Gran Monte, chiusa davanti dalle Prealpi. Tra le curve della bassa vegetazione dei boschi in cui immagino lupi e orsi e volpi e cinghiali e tassi, la strada conduce a Taipana, grigia e bagnata anche se in graziosa posizione su una forra. La strada prosegue un po’ dissestata verso la Slovenia e il primo confine è un ponticello corto e incolore sul Natisone appena sgorgato più a est.
Risalendo ancora tra boschi e legname fresco si arriva al soleggiato Prossenicco, un paesuccio che vive sulla strada e guarda a est e si arriva al bivio che ci fa scegliere se andare ad Attimis o verso Faedis passando per Porzus. Il panorama qui merita la gita: le tre valli con in testa Nimis, Attimis e Faedis di aprono decise sulla destra da ogni tratto della strada in quota fino a Porzus.
Qui sulla sinistra un viottolo ripido con delle pietre artistiche (la Suzuki va in prima) guida al Monumento Nazionale delle malghe di Porzùs dove una lapide rossa sbrecciata in due racconta la storia dell’eccidio e il povero edificio della malga reca le lapidi commemorative. La strada in discesa verso Canebola è una delle strade delle prove speciali del Rally delle valli del Natisone ed è mantenuta in modo perfetto. Non c’è anima viva, una soddisfazione motociclistica rara. In un lampo arriviamo a Faedis, tempo di riposare le braccia, e percorriamo la piacevole strada panoramica di Campeglio e Togliano tra i vigneti carichi prima della vendemmia e un bel traffico di trattori in opera.
Ma c’è ancora tempo per qualche curva prima di altra pioggia, così affrontiamo uno schioppettino all’osteria di Castelmonte e ci addentriamo curiosi verso quelle valli corte e strette (ce ne sono tre) che prendono il nome di Valli del Natisone. Percorriamo la più esterna che corre lungo il confine sloveno verso Tribil. Boschi, boschi, e ancora boschi di castagni, noci, querce. Ecco il perchè della gubana, il soffice dolce lievitato ripieno di frutta secca…. Tribil di Sopra sul cocùzzolo guarda a est la Slovenia e a ovest il soffice smisurato tappeto verde dei boschi. Scendiamo attraverso il Comune diffuso di Drenchia dove il Municipio ospita più impiegati di quanti siano gli abitanti e incrociamo la corriera da Cividale, altro segno della presenza dell’…uomo. A Clodig allegre famigliole, in costume e asciugamano sulle spalle, rientrano dal bagno nella Coivizza. Sul piano si incrocia la valle del fiume Natisone, da dove Alboino, re dei Longobardi fece il suo ingresso in Italia, avendo individuato dalla cima del Matajur il luogo dove si sarebbe fermato.
Anche noi lo troviamo. E’ l’albergo “Il Pomo d’Oro” sulle mura longobarde, allo sbocco della valle. In camera, tanto per ricordarcelo, una colonna longobarda al posto della finestra.
Giorno 6
Tornare in un ambiente urbano provoca un certo capogiro. Il titolare del Pomo D’Oro racconta la sua passione per i rally d’epoca, elenca i modelli di tutte le auto e moto storiche che possiede nel suo garage pieno di teche con collezioni di modellini e lussuosissimi paracolpi azzurri. Condivide con noi la storia della famiglia che finalmente diventa proprietaria dello storico edificio sulle mura, dopo averci vissuto in affitto per decenni, acquistandolo con pazienza e perseveranza, pezzo dopo pezzo, da una nobile famiglia.
Le strade e le piazze della cittadina che si prepara al Ferragosto e alla pioggia sono piene di gente bella e dai tratti raffinati e gli edifici storici parlano di un tempo speso bene nelle attività di governo e nello studio. La ferrovia, prima ferrovia friulana, ci guida dalla cittadina un tempo capitale della Pičiula Patria verso Udine che ne ha raccolto l’eredità.
Attraversiamo la pianura friulana per settanta chilometri senza curve fino a Spilimbergo, finalmente a tutto gas!”
10 – 15 agosto 2020
Moto: Suzuki TU250X e Triumph Bonneville 1200
Itinerario | Distanze | |
Val Meduna Val Tg.mento Val Pesarina | SPILIMBERGO Monte Rest, (1050) Passo Pura, (1425) Sauris, Casera Razzo, PRATO CARNICO (120 km) | 1120 |
Can. di Gorto (Degano) Can. Di San Pietro (But) Val Pontaiba Can. d’Incarojo (Chiarsò) Can. Ferro (Fella) | PRATO CARNICO Monte Zoncolan, (1740) Sutrio, Paularo, Canal d’Incarojo, Casera Ramaz, Pontebba, BAGNI DI LUSNIZZA (80 km) | 80 |
Val Saisera Val Romana | Tarvisio, Malborghetto, Ugovizza, Camporosso, Valbruna, Fusine Laghi, Coccau (90 km) | 90 |
Val Rio del Lago (Predil/Slizza) Val Trenta (SLO) Val Torre | BAGNI DI LUSNIZZA, Cave del Predil, Monte Mangartt (2010), Plezzo (SLO) Uccea, MONTEAPERTA (100 km) | 100 |
Valli del Natisone | MONTEAPERTA Taipana, Platischis Prossenicco Canebola, Faedis Cividale, Castelmonte, Tribil, Drenchia, Clodig, CIVIDALE (110 km) I | 110 |
Ringrazio moltissimo Irene per essere diventata mia ospite e spero che la sua esperienza ti abbia incuriosito a programmare un bel giro in Friuli-Venezia Giulia, attraverso luoghi selvaggi e lontani dal turismo di massa.
Riding along and across rivers in Friuli – A five days bike tour
by Irene Pellegrini
(Are you a free spirit? Would you like to tell about your own self-organised travel experience? This is the right place to create empowerment among enterprising free travellers. Grab your pen and send your story to: marina@marinaspili.com )
“Up until my thirties, my knowledge of Friuli was limited to mountain hikes with the local Alpine club, to mid-summer picnics on the rivers and to visits to family in Meduno, Osoppo, or Trieste. With time I have learnt to ride the roads of Friuli to follow other suggestions, literary readings, the desire of swimming in wild waters or just the smell of the unknown.
Last year I wanted to give meaning to all the little outings and one-day trips of recent years and designed a bike tour across the Eastern Alps along and across the rivers that give life to the Friulian plain. Not a long tour, only about 600 km in five days (with a day off in the middle), the right pace to enjoy the views and the road.
Day 1
The open, smiling people of Val Meduna welcome us and introduce us to the first hairpin ramps of the scary Rest Pass. I find Rest Pass disappointing – too difficult to ride with steep bends, no barriers and too little to see from the top. The descent to the Caprizzi Bridge over the river Tagliamento fully pays us back, with the crystal pure colours of our unique river, celebrated worldwide.
Riding up the Pura Pass is pure joy – smooth, graded ramps, easy turns, where my humble Suzuki TU250X gives her best, thankful to our ancestors who have written this passage south of the Sauris enclave. The crossing of the Maina dam out of dark and wet galleries is as breathtaking as an acrobatic exercise. Sauris is beautiful, too beautiful for words, among the green meadows and the lake. It is easy to love Sauris, too easy for too many… .
Bends and more bends take us to Casera Razzo, across the border with Veneto; there the local entertainment committee has organized a very rich kiosk with polenta from Socchieve, grilled sausages and delicious porcini mushrooms. The solitary road of Val Pesarina is kilometric fun – I see now why many drivers come here to rally-skid in the winter. You have to enter Carnia on tiptoe. It is a special world, a world of reliability and care for the environment, made by women at the lead. Just one afternoon is not enough to appreciate its true nature. The Museo dell’Orologio, the “Sot la Nape” restaurant, the young lady in sportswear like a man stacking wood with her bare hands, the historical building Casa del Popolo (today a b&b) – they all speak of youth, work, pride and tradition.
Day 2
We start off in the morning ready to face the Zoncolan ascent, with the “Help-me-God” attitude. Scary literary quotes welcome you at the foot of the climb (“Abandon every hope all ye who enter here”). Old people sitting on their little stools at the side of the road grin at you, counting the cyclists who make the sign of the cross before rising on their pedals.The road is quite narrow, but it is protected by thick old walls on each side, low enough to allow a view of the busy Canale di Gorto, buzzing with life. The ride down the eastern side to Sutrio is easy, wide, panoramic, just great.
We stop at a petrol station on the river But (funny name, isn’t it?) and the young service boy responds with a blunt “’fternoon” to our worried question “Will it rain?”. And off we go, winding along the fantastic uphill of Val Pontaiba, past Ligosullo and down again through the woods north of Canal d’Incarojo as far as Paularo. We stop at Bar Italia on the main square for a spritz (white wine and sparkling water). A busy waitress with a proud nose piercing serves it with a slice of watermelon in the deafening noise of the midday tower bells and the roar of the river Chiarzò.
We ride north towards Casera Ramaz, indifferent to the signs saying “Danger – road works”. We stubbornly proceed – this road called my attention on the map, the only road that permits the crossing from Carnia to Canal del Ferro, the German world.The first part, along the gorges of the Chiarzò, is really difficult, unpaved, full of holes, but it smooths down in the plain around the beautiful Mont Zermula through woods and herds of cows as far as Cason di Lanza. Stopping there for lunch is another pleasure – spick-and-span tables, the bikers’ beer, frico (local cooked cheese) and a nice waitress… with a nose piercing!
But danger is ahead of us, riding down towards Pontebba. A narrow, sharply winding dirt road forces us to brake with our feet. Continuous holes turn our spoiled road bikes into muddy trial motorbikes. But we luckily make it to Pontebba, the old border with Austria. We cannot wait to reach our hotel, in Bagni di Lusnizza, where our grandmothers used to drink the sulphurous waters.
Day 3
The historical Albergo all’Orso is run by mother, daughter and uncle with Swiss management skills and strict timetable for breakfast, lunch and dinner, but great care for our bikes (a convenient porch in view of the room!). Smiles, but no extra chatting. Homemade food, great table wine.
We spend the day riding along Canal del Ferro, a wide door open to the east, stopping at picturesque Malborghetto, at more subdued Ugovizza, at sunny, peaceful, green Camporosso and at the magical Val Saisera. There is also time to hike up to Rifugio Grego, under the shiny peak of Jof di Montasio, in the heart of the immense historical Tarvisio Forest. We then ride further east to take a look at the breathtaking Laghi di Fusine (4€ each bike for parking).
Tarvisio is a special place and not because of the town which, seen from the top, looks like an intertwined gut of motorways, roads, the river Slizza, railways, cycle tracks that evoke eastern atmospheres (take a look at the suq-style market in town!). No, it is a special place because the Romans built two roads – the via Romana to the north leading to Coccau and to the Northern territories, and the Val Romana road, beyond the river Slizza, connecting Rome to the Slavic world at Ratece – a piece of land where now three-borders meet, three peoples live, three languages are spoken. The ancient triangular Trinity column in the centre of the town, now a convenient meeting place for locals, still reminds us of Tarvisio’s international no-borders nature.
Day 4
There is a lot of traffic along the road to Cave del Predil – big German roadsters, roaring Italian custom bikes ask to pass my humble Suzuki, luckily escorted by a heavier Bonneville 1200, racing to get to the top of Mount Mangart first. I ride there like a good schoolgirl, blindly following my master, but not having fun. Nine kilometres of narrow turns with no barriers. Once at the top, not even a rewarding panorama (fog and slides on the final ring), neither a grappa to get comfort and cheer up. Happy then to ride down to the river Isonzo along the magnificent Val Trenta, prey of tourists with classic convertibles and old couples with Cortina d’ Ampezzo money.
Alas! Rain is coming, so we quickly take the deviation towards Uccea in Italy, skipping the pleasant Plezzo and its pretty pink square. And in the otherwise nice, wide road of the Musi mountains rain, rain, pouring rain and not a damn widening spot to get shelter and wear our rainsuits. When we reach Monteaperta we have done hundreds of turns and bends and we are squeaking, soaking wet. The Locanda dell’Orso (another bear?) makes room for our bikes and wet things under their porch. The lady who runs this restaurant, famous all over Friuli for bear meat, tells us there is nothing extraordinary in this rain. We are on the Musi mountains – the rainiest spot in Italy! At dinner, over a plate of gnocchi with bear sauce, to my question “Will it rain tomorrow?” the twenty-year-old son replies: “Ask the Almighty”
Day 5
Monteaperta, once known for the female tug-of-war team “Le tigri di Monteaperta”, is called “the little Cortina d’Ampezzo”. This is because it is shelled between the Gran Monte and the Prealps. In the bush where I only imagine wild boars, wolves, bears foxes and badgers, the road leads us to a grey and wet Taipana, in a pretty spot on a gorge. A bad dirt road takes us to the Slovenian border, a tiny bridge on the newly born river Natisone. Riding up through woods and fresh timber, we reach sunny Prossenicco, a tiny village spread along the road facing east. We choose to ride the mountain-side road to Faedis to pay homage to Porzùs. At the fork the panorama is worth the trip – the three valleys headed by Nimis, Attimis and Faedis open up in generous cleavages on the Friulian bosom.
On the left hand side of the road a steep path (an old mule track – my Suzuki goes on first gear) leads to the summer pastures of Porzùs, now a National Monument. A split red memorial stone tells the story of the massacre. On the humble building other stones commemorate the victims.
The downhill road to Canebola, one of the special stages of the ”Valli del Natisone Car Rally”, is perfectly maintained. We ride completely alone, a rare opportunity for bikers! In a flash we reach Faedis and just the time to stretch our arms a bit and we ride again along the pleasant panoramic road through Campeglio and Togliano among vineyards and busy tractors, ready for grape picking.
The day is still long and we decide to do more. First, a taste of schioppettino at the double-sided osteria in Castelmonte, then the curious, random riding along the three short valleys east of Cividale along the Slovenian border. Tribil di Sopra is surrounded by thick woods of chestnut trees, walnut trees and oaks. No wonder the gubana, the soft cake with dry fruit filling comes from here. From the hilltop Tribil di Sopra looks east towards Slovenia and west to the soft boundless green carpet of the woods. No sign of man – in Drenchia the clerks in the town hall probably outnumber the people living there… The bus to Cividale is the only other sign of the presence of man. In Clodig happy families in bathing suits and beach towels come back from the river Coivizza. Once on the plain again we cross the main Val Natisone, from where king Alboin of the Lombards entered Italy spotting a nice place to settle from the top of the Matajur mountain.
We find our spot, too. It’s the “Pomo d’Oro” b&b on the Lombard walls, at the mouth of the valley. In our bedroom, as a reminder, a Lombard column is where a window should be.
Day 6
Going back to civilization makes us dizzy. The owner of “Pomo d’ Oro” tells us about his passion for vintage rally cars, lists all the models of his classic cars and motorbikes that he keeps in his grand garage fitted with soft blue bumpers and cases with miniature cars. He shares with us the story of how his family, after renting the place from a noble family, patiently got to buy it room by room with the years.
The streets and the squares of the town getting ready for the midsummer festival are buzzing with life and with people of refined features and the historic buildings speak of centuries well spent in the exercise of academic studying and enlightened administration. The railway, the first Friulian railway, accompanies our ride back from Cividale, the former capital of our Picule Patrie to the modern capital, Udine.
We cross the plain, finally and happily at full speed, for seventy kilometers to Spilimbergo.”
I would like to thank Irene very much for becoming my guest and I hope that her experience has intrigued you to plan a nice tour in Friuli-Venezia Giulia, through wild places far from mass tourism.
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